Il tonno rosso del Mediterraneo: tanto consumato, ma poco conosciuto
Il tonno rosso del Mediterraneo: tanto consumato, ma poco conosciuto
di Fosca Tortorelli
Il tonno appartiene alla famiglia dei Tunnidi e dell’ordine dei Perciformi, la sua diffusione è legata a diverse aree geografiche mediterranee tra Europa, Asia e Africa, e la famiglia si divide in tonni e tonnetti. Tra i tonni del Mediterraneo rientrano le varietà Alalunga e il Tonno rosso, mentre tra i tonni oceanici ci sono il Pinna gialla, il tonno blu e il tonno obeso; ai tonnetti appartengono invece l’Alletterato, Palamita, il tonnetto striato.
I periodi di pesca sono diversi in base alla specie: a maggio/giugno si pratica la pesca di Alalunga e Alletterati di grande taglia, del Tonno rosso del Mediterraneo con la tecnica del palamito e della circuizione, mentre nel periodo autunnale si pescano Tombarelli e Alletterati di piccola taglia, mentre da fine settembre a fine dicembre c’è il fermo per l’Alalunga che riprende a gennaio. In autunno inoltrato e inverno, invece, si pescano Tonni rossi e Alletterati (e Alalunghe dopo il fermo quindi da gennaio).
Ad ogni modo, tra i vari tipi di tonno, quello che suscita più interesse e ha più richiesta sul mercato internazionale è senza dubbio il tonno rosso del Mediterraneo (Thunnus thynnus o Bluefin tuna), così chiamato per l’intenso colore rosso scuro delle sue carni. Riguardo le sue dimensioni, può arrivare alla lunghezza di 3 metri e pesare fino a 600 kg ed è contraddistinto dalla sua coda a semiluna. È riconosciuto come la specie più pregiata, ma è anche tra le più controllate e di conseguenza tra le più rare e costose.
La pesca eccessiva ha portato sette anni fa al rischio estinzione e al bollino arancione, rendendo necessarie misure di protezione, tanto che la comunità europea l’ha regolamentata, prima chiudendo e poi riaprendo la pesca e mettendo all’asta le quote. Quote che vengono ripartite in questo modo: il 70% alla pesca della circuizione (quindi pescano le grandi tonnare), il 30 % alla pesca dei palangari. Ci sono altre quote, dette accidentali e destinate alla cattura accidentale, che vengono date di anno in anno ad uno Stato membro della CE ( si tratta di quote inferiori all’1%). I quantitativi pescati nel Mediterraneo hanno acquisito un’importanza crescente. Su tale incremento sostenuto, ha inciso in maniera determinante il grande sviluppo degli allevamenti, soprattutto a seguito del forte aumento della domanda giapponese. Infatti la maggior parte del prodotto viene venduto e trasformato in Giappone, poiché è uno degli ingredienti base della cucina tradizionale, soprattutto quella a base di pesce crudo, il che comporta a volte campagne di pesca indiscriminata condotte sia nel Mediterraneo, sia all’imbocco dello stretto di Gibilterra.
Vista la forte domanda nipponica degli ultimi decenni, il rischio di estinzione nei mari di tutto il mondo è fortemente aumentato, con considerevoli impatti sulla biodiversità (Sardaro et al., 2016), pertanto, è sempre più forte l’interesse a regolamentare su scala internazionale, la pesca e l’acquacoltura. A tal proposito, il Regolamento (UE) 2016/1627 del Parlamento europeo e del Consiglio del 14 settembre 2016, relativo a un piano pluriennale di ricostituzione del tonno rosso nell’Atlantico orientale e nel Mediterraneo, ha introdotto restrizioni dell’attività di pesca in zone e periodi determinati e di una nuova taglia minima con l’adozione di disposizioni in materia di pesca sportiva e ricreativa.
Un ulteriore problema che tocca questa specie è il fattore climatico, infatti in base alle nuove analisi e agli studi rilasciati oggi dalla FAO, emerge che entro il 2050 tali cambiamenti climatici avranno alterato la produttività di molte delle attività di pesca marina e di acqua dolce del pianeta.
“Il potenziale produttivo della pesca nelle esclusive zone economiche marine (ZEE) – quelle fasce di 200 miglia di territorio marino adiacente alle coste – che ogni nazione costiera ha il diritto di sfruttare – potrebbe diminuire in media meno del 12%, ma questo maschera fluttuazioni più significative del potenziale produttivo a livello regionale, suggeriscono i modelli.”
( http://www.fao.org/news/story/it/item/1144914/icode/)
La sfida dei cambiamenti climatici può essere comunque affrontata, secondo la FAO, e il suo nuovo rapporto indica come farlo in modo efficace, riducendo al minimo gli impatti e massimizzando le opportunità.
Anche riguardo ai sistemi di lavorazione e trasformazione del tonno rosso del Mediterraneo ci sarebbe da approfondire, sistematizzare e rendere più trasparenti le diverse metodologie; da quello più tradizionale e artigianale, che prevede la bollitura a quello usato dalle industrie che lo lavora a vapore. Considerando che la lavorazione a vapore mantiene molte delle proprietà organolettiche, mentre la bollitura in pentola mantiene parte delle proprietà sane, ma soprattutto lascia il tonno morbido, umido e non lo secca.
Bibliografia/Sitografia
• Scarpato D., Simeone M. (2005), La filiera del tonno rosso mediterraneo: problematiche e prospettive del comparto in Campania. Università degli Studi di Napoli “Parthenope”, Istituto di Studi Economici, Working Paper n. 4
• Sardaro R., Girone S., Acciani C., Bozzo F., Petrontino A., Fucilli V. (2016), Agro-biodiversity of Mediterranean crops: farmers’ preferences in support of a conservation programme for olive landraces, Biological Conservation, n. 201, 210-219
• Miyake P. M., Miyabe N., Nakano, H. (2004), Historical trends of tuna catches in the world, Fao
Sardaro R., Girone S., Acciani C., Bozzo F., Petrontino A., Fucilli V. (2016)
• http://www.aura-cilento.com
• https://www.italiangourmet.it/il-tonno-le-specie-presenti-nel-mediterraneo/
• http://www.legacoopagroalimentare.coop/pt2214/–.html
• https://www.alimentipedia.it/tonno.html
• http://www.fao.org/news/story/it/item/1144914/icode